Wednesday, February 22, 2017

So cosa pensi! La scienza dietro il sogno di leggere nella mente

So cosa pensi! La scienza dietro il sogno di leggere nella mente | Gianmarco Contino



Sebbene sia uno dei pochi al mondo capace di leggere la mente, Jack Gallant è un tipo molto alla mano. Colpisce il suo baffo anni '70, che stona con con l'aspetto da ragazzo in maglietta e felpa Northface che cammina in flip flops in un campus della west coast americana. Il suo sguardo si accende di fronte alle mappe colorate che vengono fuori da un particolare tipo di risonanza magnetica con la quale lui e il suo team studia quali aree del cervello si accendono mentre sentiamo una storia.
La speranza di leggere nel pensiero ha accompagnato l'uomo fin dall'origine della sua storia. Al contrario di maghi, sensitivi e stregoni, gli scienziati hanno avuto poca fortuna nel decifrare cosa si nasconde tra le pieghe del nostro cervello. Chi ci ha provato, come il famoso frenologo Franz Jhoseph Gall (1758-1828), ha creato mostri pseudoscientifici le cui conseguenze si trascinano ancora oggi.

La verità è che abbiamo iniziato a comprendere qualcosa di come il cervello funzioni solo recentemente. Basti pensare che la "teoria del neurone", l'unità di base che genera impulsi nel nostro cervello, fu proposta da Purkinye agli inizi del 1800 e solo alla fine del secolo lo spagnolo Cayal e l'italiano Camillo Golgi definirono alcuni dei meccanismi di base della trasmissione sinaptica che meritarono loro il premio Nobel nel 1906. A guardarlo da fuori il cervello sembra una spugna grinzosa, composta da una sostanza molle, grigiastra e perlopiù omogenea. Nel 1800, Pier Paul Broca, un anatomista e chirurgo parigino, notò all'autopsia di due suoi pazienti (Tan, dall'unica parola che era capace di pronunciare, e Leborgne) che lesioni di una particolare area del cervello di sinistra, causavano afasia, ovvero l'incapacità di parlare. Quell'area del cervello, che ora chiamiamo area di Broca è responsabile della attivazione motoria necessaria all'articolazione dei suoni ma anche alla sintassi che ne sottende il senso. Si pensa che si sia evoluta come una area super-specializzata originariamente deputata ai gesti che, come sanno bene gli italiani, sono una delle forme più consolidate di comunicazione. Altri dopo di lui definirono le aree necessarie alla comprensione dei suoni e alla loro trasformazione in linguaggio.

Suoni, e gesti sono pero' solo la facciata esterna del complesso universo semantico che vive nel nostro cervello. Esso è popolato di idee, concetti ed esperienze che sopravvivono all'incapacità di parlare o ascoltare e trovano la loro strada anche nel cervello di chi, fin dal concepimento è' stato privato di queste capacità. L'organizzazione dei significati è rimasto un problema elusivo che Gallant ha esplorato osservando, con una risonanza magnetica, i piccoli cambiamenti nel consumo di ossigeno del nostro cervello mentre ascoltiamo una storia. Generalmente questo tipo di esperimenti viene condotto con una quantità limitata di stimoli a causa della nostra capacità di isolare segnali specifici dai rumori di fondo dei numerosi processi paralleli che avvengono in ogni dato momento nel cervello.
La scommessa di questa ricerca è stata quella di decifrare l'immensa mole di dati che deriva da una esperienza reale come quella di ascoltare una storia intera (in questo caso un episodio di un famoso podcast americano chiamato "The Moth"). I risultati pubblicati sulla rivista "Nature" hanno mostrato che i significati non siano ristretti in una area specifica del cervello. Al contrario quasi tutta la corteccia di entrambi gli emisferi contiene significati organizzati secondo affinità semantiche e funzionali. A esempio la parola "madre", "famiglia", "donna" e "incinta" sono rappresentate insieme in nella giunzione temporale parietale destra del cervello vicino alla parola "casa", "marito" e "affitto". La parola "sopra" si ritrova in prossimità di abbigliamento, ma anche nell'area dei numeri e ancora in quella contente palazzi ed edifici. Così ancora le parole che contengono significati violenti si trovano in prossimità dei significati che riguardano le persone, parti del corpo e le interazioni sociali. Alcune pieghe del nostro cervello racchiudono inquietanti associazioni come quella tra madre, nascita e assassinio; amore e odio si avvinghiano nelle pieghe del nostro cervello esattamente come Freud aveva immaginato nella sua teorizzazione del complesso edipico. (Per chi si vuole divertire a trovare i significati nel cervello, gli autori di questo studio hanno messo a disposizione una mappa interattiva).
Non si tratta ovviamente di una mappa definitive, al contrario apre la strada a molte domande. A esempio, come cambia la mappa a seconda della lingua che parliamo? Come si genera variabilità interindividuale che permette a persone diverse di attribuire significati differenti ad uno stesso testo, immagine o situazione? Tra le varie domande che scaturiscono da questo studio aleggia forse una delle più intime aspirazione dell'uomo: potremo leggere la mente delle persone semplicemente analizzando segnali captati dal cervello? Molti scienziati pensano che questa possibilità sia ormai a portata di mano. In particolare, la nostra capacita' di decodificare l'attività cerebrale ha raggiunto risultati impensabili pochi anni fa. Certamente la pensa così Ian Burkhart che in un maledetto 10 giugno di 6 anni fa, vide la sua vita infrangersi contro un'onda sbagliata nelle spiagge del North Carolina che gli spezzò la schiena strappandogli via la capacita' di muoversi, camminare e giocare a lacrosse costruita dal suo cervello e dai suoi muscoli in 19 anni di costante allenamento. Tuttavia, come in un hard disk, i nostri dati non vengono quasi mai cancellati. Da quel giorno la nuova sfida del cervello di Ian e dei ricercatori dell'Ohio State University, è stata quella di trovare un modo di bypassare la cicatrice che impedisce alla corteccia motoria di Ian di trasmettere segnali ai muscoli. Dopo sei anni, un computer è stato finalmente in grado di decifrare selettivamente l'attività motoria del cervello di Ian e stimolare i muscoli del suo braccio permettendogli di afferrare oggetti, versare un bicchiere di acqua o suonare la chitarra.

L'accelerazione dell'integrazione tra macchine e corpo rappresenta la sfida evoluzionistica più grande degli ultimi millenni per l'uomo (qui, tristemente, devo precisare: per quella parte dell'umanità che non deve occuparsi di morire di fame e infezioni). Il cervello dovrà sviluppare alcune capacità e probabilmente abbandonarne alcune altre come sta succedendo alla capacità di orientamento che stiamo affidando sempre di più al GPS. Arriverà il momento in cui dovremo preoccuparci di difendere la privacy dei nostri pensieri più intimi e le nostre esperienze. Ma, come risponde Gallant a chi gli chiede se saremo in grado di leggere la verità nel cervello dei criminali, la realtà è che "le rappresentazioni del nostro cervello sono spesso non veritiere e foriere di errori o false percezioni", suggerendo estrema cautela nelle possibilità future di leggere nel pensiero. Per il momento, mi interessa pensare che, grazie ad una migliore conoscenza del nostro cervello, saremo in grado di liberare i pensieri e le azioni imprigionati nei cervelli colpiti da malattie e lesioni e di riconnettere alla vita lo straordinario universo che custodiamo nella nostra testa.




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